La forte crescita economica dei mercati emergenti, guidata da urbanizzazione e industrializzazione, è la principale causa della domanda di materie prime. Questo processo, inevitabile, è destinato a salire almeno per i prossimi vent’anni. Paesi come Cina e India hanno certamente condizionato la forte crescita dell’uso dei materiali industriali soprattutto perché si trovano nelle prime fasi di ammodernamento.

Per queste due grandi nazioni, prese ad esempio, con un prodotto interno lordo pro capite, quadruplicabile entro il 2040, la domanda di materie prime necessarie a produrre investimenti e beni di consumo è destinata a crescere in modo esponenziale. A fronte di ciò si assisterà a un aumento globale della ricchezza che comporterà per uffici, abitazioni, automobili, strade, treni, aeroporti, lavatrici, frigoriferi, dispositivi informatici, macchine utensili, impianti industriali un utilizzo intensivo di materie prime.

Vorrei però fare una riflessione: con un aumento così veloce della domanda di materie prime non si rischia di far crescere i costi di produzione in modo incontrollato e le nazioni sopra citate trascinino il sistema globale al collasso? Forse la cultura del riciclo, in modo specifico dei materiali metallici, potrebbe aiutare il sistema. Ad esempio, la rottamazione e il riciclo di elementi provenienti da impianti industriali, comporta delicati problemi tecnici ed ecologici: oltre il 25% dei rifiuti finisce nel “fluff”, costituito da una miscela di materiali metallici come ferro e alluminio, materie plastiche, gomma, vetro, fibre tessili, vernici, e altro.
Tuttavia qualsiasi processo di trattamento e di riciclo dei rifiuti si lascia dietro inevitabilmente altri scarti e inquinamenti. Lo stesso riciclo dei rifiuti richiede la soluzione di problemi chimici, tecnici, commerciali, argomenti di una vera e propria merceologia del riciclo. Meglio continuare a sfruttare il sottosuolo con un forte punto di domanda per le generazioni future o riciclare cercando di minimizzare l’impatto ambientale?