Gli effetti dell’inquinamento da metalli pesanti delle acque, del suolo e dell’atmosfera si ripercuotono sulla vitalità degli organismi e degli ecosistemi. L’uso dei metalli pesanti nelle attività industriali, nonché dei fertilizzanti e fitofarmaci in agricoltura, ha determinato un incremento della loro concentrazione nei suoli, incremento coadiuvato da fenomeni di acidificazione dei terreni che ha determinato un aumento della loro biodisponibilità per tutte le specie viventi.
A causa della loro elevata tossicità, la concentrazione dei metalli pesanti in vaste aree urbane e agricole ha raggiunto soglie critiche causando un decremento della fertilità del suolo e della biomassa. Essenziali o utili alla vita in piccole concentrazioni, molti metalli pesanti risultano tuttavia tossici a concentrazioni di poco superiori. Possiamo classificare i metalli pesanti in due categorie principali: i micronutrienti metallici essenziali detti anche metalli traccia ovvero metalli richiesti dagli organismi in quantità limitata e i metalli non essenziali tossici, che non hanno funzioni metaboliche.
I metalli traccia se presenti a concentrazioni ottimali svolgono una serie di attività fondamentali per la cellula, comportandosi come micronutrienti essenziali e partecipando a numerosi processi biochimici responsabili della crescita e della vita cellulare. Il ferro, lo zinco e il rame sono i principali elementi traccia, anche se sono fondamentali per il metabolismo cellulare anche il selenio, il cromo, il manganese e il cobalto. Al contrario appartengono alla categoria metalli non essenziali tossici elementi come il cadmio, il mercurio e il piombo, che non sono normalmente presenti nelle cellule neanche in tracce, e pertanto risultano molto tossici a qualunque concentrazione. Il cadmio – tra tutti i metalli pesanti tossici – merita una particolare attenzione poiché utilizzato in strategiche produzioni industriali.
Negli ultimi decenni, l’andamento del mercato nei settori industriali dei rivestimenti protettivi ha dovuto tener conto anche di una serie di problematiche legate al contesto ambientale. Infatti, la protezione superficiale di componenti sottoposti a usura è oggi generalmente realizzata mediante rivestimenti galvanici oppure con tecniche chimiche ed elettrochimiche di cromatura, nichelatura e cadmiatura. La cadmiatura offre alcuni vantaggi tecnologici rispetto alla più tradizionale zincatura come, su tutti, la maggior capacità alla lubrificazione, un migliore controllo delle dimensioni e una migliore resistenza alla corrosione in ambienti salini.
Tuttavia la sua utilizzazione è limitata al solo settore aeronautico e a quello dei motori marini. Una minor quantità di cadmio viene altresì utilizzata per produrre leghe speciali o come materiale di schermo nei reattori nucleari e nelle batterie alcaline al nichel-cadmio. Il dato certo è che l’elevata tossicità ne limita l’uso ove esso sia strettamente necessario. Sarà quindi possibile nel prossimo futuro sostituire il cadmio con metalli di transizione come indio, stagno e antimonio?
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