Osservando farfalle e coleotteri è impossibile non notare come questi insetti esibiscano dei colori iridescenti, che variano a seconda dell’angolo di osservazione, originati dal fenomeno fisico dell’interferenza della luce. In questo caso la luce bianca che colpisce l’oggetto viene in parte riflessa e in parte trasmessa attraverso lo strato più esterno della superficie, dove incontrando una parte più interna subisce una seconda riflessione.

L’occhio dell’osservatore è così raggiunto da due onde luminose sovrapposte di cui una ha compiuto un percorso un po’ più lungo e quindi si trovano ad essere leggermente sfalsate.

Senza scendere troppo nei dettagli, a causa di questo “sfasamento” alcune componenti colorate dello spettro vengono esaltate mentre altre affievolite o annullate. A quali tocca l’uno o l’altro destino dipende dallo spessore del film e dall’angolo visuale. Sfruttando il fenomeno fisico dell’interferenza e usando una chimica ad-hoc si giunse nel 1923 ad utilizzare, su scala industriale, il processo dell’anodizzazione dell’alluminio. A tutti è noto il processo dell’anodizzazione su alluminio e sue leghe; più interessante vedere le possibili nuove applicazioni. Gli oggetti che vengono a contatto con gli alimenti all’interno delle industrie che producono cibi e bevande devono sempre essere in condizioni igieniche impeccabili al fine di assicurare la massima salubrità dei prodotti. In questi contesti industriali l’impiego di agenti chimici e fisici per la sterilizzazione è all’ordine del giorno.

Ma le superfici, ad esempio quelle in alluminio, potrebbero essere trattate in modo tale da opporsi all’insediamento dei microorganismi? La risposta è si: esistono oggetti in alluminio destinati agli impieghi alimentari che esercitano un’azione repulsiva nei confronti delle cellule batteriche. Sfruttando i processi di ossidazione anodica sull’alluminio si possono creare sui manufatti dei pori dell’ordine di alcuni nanometri che modificano la carica elettrica e il potenziale energetico presenti sul metallo. A loro volta queste proprietà impediscono alle cellule batteriche di “attaccarsi” alla superficie evitando la formazione di biofilm di organismi come ad esempio i pericolosi Escherichia coli e Listeria monocytogenes. Ma tutte queste nuove applicazioni industriali andranno ad incidere sull’impatto ambientale? Gli effluenti dell’anodizzazione più comuni come l’idrossido di alluminio e il solfato di alluminio, vengono riciclati per la produzione di allume, lievito in polvere, cosmetici, carta da giornale e fertilizzanti o utilizzati da sistemi di trattamento delle acque reflue industriali. Mi pare che tutto vada nella giusta direzione.