Un particolare settore della chimica è quello delle alte temperature. Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha utilizzato il calore del fuoco per modificare i materiali che aveva a disposizione per i suoi scopi, ma solo in epoche recenti ha trovato il modo di mantenere a lungo temperature molto elevate: si parla di 5000, o addirittura 100.000 K, a salire fino alle gradazioni estreme necessarie per la fusione nucleare.

Anche nell’industria oggi spesso si svolgono processi ad alte temperature e per questo motivo negli ultimi decenni si sono diffusi gli studi e le ricerche sui materiali in grado di sopportare temperature estreme. È stato necessario realizzare leghe di metalli e di sostanze in grado di dare maggior resistenza ai composti, come grafite carbonio, carburo di silicio, zirconio. Tutti i componenti degli impianti, naturalmente, devono avere caratteristiche ben diverse dai loro omologhi destinati a condizioni di lavoro meno impegnative: guarnizioni, vernici, pompe devono poter resistere a sollecitazioni fuori dall’ordinario.

Il cracking termico nell’industria petrolifera

Tra i molti processi che richiedono alte temperature c’è il cracking termico, che viene utilizzato nell’industria petrolifera e permette di ottenere idrocarburi leggeri, come le benzine, a partire da idrocarburi pesanti come il petrolio greggio. Portati alla temperatura di 600-700 gradi e in assenza di ossigeno, gli alcani (o idrocarburi saturi) si frammentano trasformandosi in sostanze più piccole. Oggi al cracking termico si preferisce il cracking catalitico, che si svolge a temperature superiori ai 450° e produce come materiale di scarto il coke, che viene subito riutilizzato nel processo stesso. Nell’idrocracking, invece, il cracking viene fatto in presenza di idrogeno. Le reazioni che si producono permettono di eliminare zolfo, azoto e altre sostanze inutili sotto forma di gas e inoltre  si possono ottenere numerosi prodotti diversi, dal combustibile per aviazione alla nafta, passando per il diesel.